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sabato 30 gennaio 2010

Incoerenze

I poveri sono tutti buoni. O meglio, specifichiamo, i poveri sono buoni finché non diventano ricchi. E i ricchi sono tutti cattivi.
Già, perché sembrerebbe che la radice di tutti i mali del mondo sia la ricchezza e che i ricchi siano coloro che si arricchiscono sfruttando i poveri i quali, è bene ricordarlo, sono tutti buoni.
Stesso discorso vale per i popoli e le nazioni. Esiste un mondo occidentale, che è ricco e quindi cattivo che sfrutta il terzo mondo. Ed esiste un terzo mondo, sfruttato dall'occidente, che è povero e, quindi, buono.
E l'aspirazione di tutti sembra essere quella di un mondo senza ingiustizie, senza guerre, senza sperequazioni di sorta, senza discriminazioni, senza distinzioni di classe, di razza, di cultura, di ricchezza. Insomma, un mondo più buono! E se l'ingiustizia è la sperequazione fra ricchi e poveri la soluzione non può che essere una, drastica: Aboliamo i ricchi. Perchè se la radice di tutti i mali è la ricchezza bisogna concludere che, per avere un mondo più buono, occorre combattere la ricchezza e promuovere la povertà.
Bene, ma allora perché si cerca di aiutare i paesi poveri, eliminare i debiti del terzo mondo, aiutare i poveri a migliorare le proprie condizioni e farli diventare, quindi, ricchi?
Se i popoli poveri diventano ricchi come l'occidente diventano anche cattivi come gli occidentali e non risolviamo il problema. E' come dire che vogliamo che i poveri buoni diventino ricchi cattivi! Non mi sembra che sia proprio una buona idea. Anzi è un controsenso.
Sarebbe più logico, se vogliamo eliminare la cattiveria ed avere un mondo migliore, combattere la ricchezza ed incrementare, diffondere e favorire la povertà! Quindi la soluzione non è quella di far diventare ricchi i poveri del terzo mondo, ma far diventare poveri i ricchi occidentali. O no? Solo allora, quando al mondo saranno tutti poveri, gli uomini saranno tutti buoni e vivranno a lungo poveri, felici e contenti.

La carità cristiana e la menzogna

A volte Silvio Berlusconi dice delle "ovvietà"; non perchè siano concetti banali, ma perchè chiunque non abbia i paraocchi ideologici o non sia in malafede, non può che condividerle.
L'ultima uscita in ordine tempo è quella di ieri a Reggio Calabria. Vantando i "risultati positivi" sul fronte della lotta all’immigrazione clandestina, Berlusconi ha sottolineato che una "diminuzione degli extracomunitari significa anche meno forze che vanno a ingrossare le fila delle organizzazioni criminali".
Poi ha aggiunto: "La lotta alla criminalità si fa anche con il contrasto all'immigrazione clandestina perché chi viene qui e non ha un lavoro finisce tra le file delle organizzazioni criminali".
Io aggiungo che non solo finisce in mano alla mafia, ma ruba nelle case, rapina per la strada, stupra donne indifese ecc.
Una dichiarazione "banale", di semplice buon senso, per un concetto ovvio: chi non lavora e non ha uno stipendio o muore di fame o si arrangia.
E' un'opinione razzista?
Eppure i soliti ipocriti si sono scatenati, nei soliti improperi: "Una frase del genere ci mette fuori da qualsiasi contesto moderno" ha detto il segretario dei democratici Bersani. Il commento di Anna Finocchiaro è stato: "Altro che immigrati. Diciamo: meno premier, meno crimini...".
E oggi la Cei, che deve avere dei vescovi completamente a digiuno della basi elementari della matematica e di statistica, dice: "i reati commessi dagli italiani sono in numero uguale a quelli commessi dagli immigrati".
Questi sono dati ufficiali del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap): il 38% dei detenuti nelle carceri italiane sono immigrati, va evidenziato il legame che c'è tra i reati cosiddetti predatori e l'elevata percentuale dei responsabili tra gli irregolari. "Per alcuni reati si arriva a punte del 60-70% e, ad esempio il borseggio, in alcune aree del Paese - ha sottolineato Manganelli - arriva a percentuali dell'80%".
Ecco un'altro razzista. Tutti razzisti coloro che non si bendano gli occhi.
Una cosa è la carità cristiana, altra cosa è mentire.

giovedì 28 gennaio 2010

E... il mondo tace


Messaggio di Obama ai sopravvissuti: “Voi non siete ex prigionieri voi siete monumenti viventi”.
Messaggio del Papa: "Quelli compiuti dalla Germania nazista, in particolare contro il popolo ebraico, sono crimini di inaudita efferatezza”.
Messaggio di Berlusconi: “Il ricordo è un dovere, perché tutto ciò non possa più accadere”.
Messaggio di Fini: “L’antisemitismo va combattuto anche quando si traveste da antisionismo”.
Messaggio di Schifani: ”Ogni uomo oggi e’ ebreo. Anche io oggi sono ebreo”.
Mi fermo qui, ma ogni personaggio ha voluto dire la sua. Tante parole vuote. Ogni anno, il 27 gennaio, tutti ripetono il ritornello di "ricordare per fare in modo che non risucceda", ma poi, un giorno si e l'altro pure Ahmadinejad e Khamenei (anche ieri) ripetono al mondo che "verrà il giorno che Isralele verrà distrutto"; Un giorno si e l'altro pure prendono in giro le istituzioni internazionali sulla costruzione dell'arma atomica; un giorno si e l'altro pure impiccano gli iraniani che dissentono dalla loro volontà. E...............il mondo tace.

L'unico messsaggio sensato l'ha pronunciato il premio Nobel Elie Wiesel (ex-deportato): "Non si può trattare con Ahmadinejad che vuole distruggere Israele".

domenica 24 gennaio 2010

Attentato alla libertà di informazione.

Ecco la frase incriminata:
C’é uno sfigato di Ballarò che passa la vita a inseguirci ed è venuto anche qui”.“Solo che oggi non ci sono gossip o polemiche e non ha un cazzo da fare. Per questo facciamogli un applauso”.
L'ha pronunciata oggi Gasparri alla convention del Pdl.

Apriti cielo.
Addirittura c'è una nota di Stefano Di Traglia, responsabile della comunicazione del PD che dice: "Le parole offensive dell'ex ministro delle comunicazioni Gasparri, rivolte dal palco della Convention di Arezzo verso il giornalista di Ballarò, dimostrano, se ce ne fosse stato ancora bisogno, l'allergia del Popolo delle Libertà verso il giornalismo autonomo e la libertà di stampa".

Basta? Certamente no, ed infatti, Matteo Orfini, responsabile Cultura ed Informazione della segreteria del PD agiunge: "Al giornalista di Ballarò va la nostra solidarietà". "Sconcerta il duro attacco di Gasparri alla libertà d'informazione, ancor più grave perché colpisce un singolo giornalista, a cui va tutta la solidarietà del Partito Democratico. Bisogna rispettare e difendere la dignità e la professionalità di chi opera nel mondo dell'informazione e perciò siamo certi che l'onorevole Gasparri, entro oggi, presenterà le sue scuse".
Basta? Scende in campo anche l'Udc tramite Maurizio Ronconi: "L'On Gasparri come al solito, dimostra una straordinaria raffinatezza ed altrettanta sensibilità nei confronti di chi si sta impegnando nel lavoro. Al di là delle appartenenze, anche di testata giornalistica, chi svolge un lavoro di informazione non meriterebbe mai d'essere indicato al pubblico dileggio e particolarmente da un esponente autorevole di un partito che si richiama alla libertà. Una caduta di stile che non merita certo il giornalista di Ballarò ma neppure il partito a cui appartiene l'on. Gasparri".

Ci sono tutti i motivi per organizzare uno sciopero per l'attentato alla libertà di informazione.
Se questi sono gli argomenti dell'opposizione, Berlusconi governerà a vita.

sabato 23 gennaio 2010

...e si fanno chiamare democratici

Tutto molto triste, ancora una volta abbiamo l’ennesima conferma che chi parla tanto di trasparenza, moralità e meritocrazia spesso farebbe meglio a tacere e a sparire sottoterra come le talpe.
Ecco i fatti:
I dirigenti dell’Azienda Sanitaria di Bologna hanno negato ad Ignazio Marino le loro sale operatorie per operare “i suoi pazienti”.
Perchè? Perchè Ignazio Marino aveva deciso di candidarsi alla carica di Segretario del Partito Democratico sfidando Bersani che a Bologna fa il bello ed il cattivo tempo.
Sembra roba di altri tempi, ed invece è successo proprio ai giorni d'oggi e ce lo rivela le intercettazioni telefoniche tra professori del Sant'Orsola e dirigenti della Asl: "c’è poco da fare, s’è schierato da un’altra parte di dove stanno questi”...."i vertici regionali, che come tu sai si sono schierati con Bersani, non gradiscono più che Marino venga qua”...."pensa che cazzate che gli ha raccontato il direttore generale del S.Orsola Augusto Cavina”.... "abbiamo problemi in consiglio di facoltà, sa… c’è un centrodestra molto forte a Bologna”.
In pieno stile sovietico.
E si fanno chiamare democratici.
http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2010/20-gennaio-2010/sant-orsola-inchiesta-veto-marino-senatore-gia-stato-sentito-pm-1602318527087.shtml

Da grande voglio fare il manifestante

A quasi nove anni dagli incidenti avvenuti a Napoli in occasione nella manifestazione contro il Global Forum giunge la sentenza di primo grado. Ed è una sentenza che stabilisce la responsabilità di alcuni poliziotti per gli abusi che sarebbero stati consumati ai danni di giovani del movimento «no global» condotti nella caserma Raniero. I giudici hanno riconosciuto la sussistenza del sequestro di persona aggravato.
Un fatto gravissimo ed un pericoloso precedente.

Un fatto gravisimo perhè è vero che lo stato di diritto impone alle forze di polizia di rispettare le regole...ma in questo caso mi sembra che si vada a senso unico....i dimostranti mettono a ferro e fuoco le città ed i poliziotti, ordinati ad evitare che questi scalmanati invadano un'area da proteggere, oltre a subire sassate e bottiglie incendiarie, gli dovrebbero pure chiedere: per favore venga con noi; favorisca i documenti; quello che ha fatto è reato; mi scusi se la trattengo; e cose del genere. (mentre tutti gli arrestati furono subito rilasciati).

La prossima volta che questi galantuomini o presunti pacifisti scendono in piazza a sfasciare e bruciare tutto, lasciamoli fare, per carità, non li ostacolate, si corre il rischio di andare in galera.
Uno si fa il ..... per prendere uno di questo energumeni, che viene poi subito messo in libertà e, dopo sette anni, è lui a trovarsi in galera.
Come giudicheremo adesso un poliziotto, padre di famiglia che dopo queste sentenze, si gira dall'altra parte quando succede qualcosa?
Sentenze che succedono solo in un paese malato di ideologia come l'Italia. Sentenze che non sono di questo mondo ma di un mondo che non esiste nella realtà.
Questa sentenza rischia di costituire anche un pericoloso precedente: viene ritenuta infatti valida la tesi secondo cui in una caserma di polizia ufficiali di polizia giudiziaria, in esecuzione di un ordine preciso, compiono un sequestro di persona.
Un altro capitolo vergognoso della nostra Storia.

giovedì 21 gennaio 2010

La mobilità futura è stare fermi

Duecento persone bloccano l'autostrada per protestare contro l'inizio del carotaggio in Val di Susa per la Tav Torino-Lione. E' il popolo del No-Tav, ed ecco che compare Grillo che sentenzia "Vogliono indebitare il popolo italiano di 30 miliardi di euro per un’opera che non vedranno neppure: è un crimine contro l’umanità che deve ancora nascere".

Beppe Grillo chiarisce il suo pensiero: "la Velocità è contro la storia dell'umanità" "I dati che presuppongono i lavori sono fasulli; questi non hanno idea di cosa sono i flussi e le merci che girano. È tutto finto, è una allucinazione: il 50% dei camion che girano in Europa sono vuoti, e questi invece vogliono ampliare le infrastrutture sulla base di un flusso merci fasullo. È una economia schizofrenica. Il problema non è la velocità, la mobilità futura è stare fermi e far girare le idee. Cristoforo Colombo non ha riempito le sue caravelle di pomodori, ma dei loro semi. La velocità è contro la storia dell’umanità e del mondo".
Mi aiutate a capire cosa vuole dire? Può darsi che lui stia tanto avanti da non essere capito da noi umili mortali, ma .... come pensa di rifornire i negozi? Con le idee. E noi cosa mangeremo? Di cosa ci vestiremo? Sempre di idee?
Ricordo e continuo a benedire chi pensò e realizzò la terza corsia sull'autostrada del sole.
Meno male che allora non c'era nessun Grillo a profetizzare che la "mobilità futura è stare fermi".

Tempi duri

Siamo sinceri, oggi essere di sinistra è un problema. Una volta era più facile.
Una volta c'era il PCI, il partito dei proletari, dei poveri. E se tu eri povero, o pensavi di esserlo, non avevi problemi, dovevi solo essere comunista, leggere l'Unità e credere per fede in quello che c'era scritto. Anche perché, come si usava dire: "La verità è ciò che conviene al partito".
Questa affemazione sembra essere l'unica cosa rimasta alla sinistra del suo patrimonio storico e ideologico. E' ancora valida. Tutto il resto è cambiato.
Sono cominciati i cambiamenti, le divisioni, le proliferazioni di sigle, partiti e partitini, tutti comunisti, ma ognuno con la propria bandiera. Il PCI diventa PDS, nascono Rifondazione e Comunisti italiani, ed il vecchio proletario già è in crisi: con chi andare?
Chi ha scelto di restare nel PDS dopo un po' cambia ancora nome e diventa DS, poi si ritrova, lui vecchio marxista, ateo e mangiapreti, ad andare a braccetto con i cattolici di Rutelli, Rosi Bindi e la Binetti, tutti insieme appassionatamente nel nuovo PD.
Peppone e Don Cammillo diventano compari e dicono di avere le stesse radici e di volere le stesse cose. Dicono loro, i dirigenti, e sembrano anche convinti; gli elettori sono meno convinti, ma stanno al gioco. Molti storcono il naso, ma tutti, allineati e coperti per il bene del partito, marciano insieme.
Quelli che hanno scelto di seguire Rifondazione dopo qualche anno si trovano a dover scegliere se restare con Rifondazione o seguire Ferrando che lascia il partito e fonda una nuova sigla "Partito comunista dei lavoratori", come se tutti gli altri fossero partiti comunisti degli scansafatiche!
Non basta, perché dopo un po' Rifondazione tiene il congresso. Sono rimasti in quattro gatti, ma riescono a dividersi ancora: due gatti di qua con Ferrero, due gatti di là con Vendola. E non è detto che finisca qui.
Grandi cambiamenti anche nello stile di vita dei dirigenti. Quelli che una volta percorrevano le polverose stradine di un'Italia ancora da ricostruire, per raggiungere i più sperduti paesini e tenere i loro comizi contro il capitalismo, i ricchi e gli sfruttatori del popolo, quelli oggi, da segretari e dirigenti, li vedi bordeggiare sotto costa a bordo di eleganti barche a vela da 18 metri, oppure acquistano vecchi cascinali in Umbria e ci ricavano lussuose ville con piscina e parco intorno. Qualcuno, che solo qualche anno fa sognava Mosca e la piazza rossa, oggi fa l'americano a Roma, dice di non essere mai stato comunista e compra casa a Manhattan.
Che tempi. Certo che il povero proletario si trova un po' spaesato ed in crisi. E non ha più nemmeno il conforto dell'unico giornale di partito che ti diceva cosa pensare.
Il PD, per esempio, porta in eredità due quotidiani dei rispettivi partiti di provenienza: L'Unità, organo del partito comunista, ed Europa, quotidiano della Margherita. Quale leggere? Ma soprattutto, a chi credere, visto che spesso e volentieri, su alcuni argomenti fondamentali, specie di carattere etico, hanno posizioni contrarie?
Non basta, perché oltre a L'Unità ed Europa, ci sono Liberazione, Rinascita, Manifesto e, tanto per complicare le cose, due direttori defenestrati di Liberazione e L'Unità, Padellaro e Sansonetti, fondano altri due quotidiani, L'Altro ed il Fatto quotidiano.
Così, il vecchio proletario è sempre più confuso, in crisi, spaesato, perde l'orientamento, i riferimenti, la bussola.
Sì, tempi duri per i vecchi compagni, quelli che la domenica uscivano in gruppo e facevano il giro di tutto il paese per diffondere L'Unità. Era una passeggiata che sapeva di festa. Scomparsi, come la foca monaca. Scomparse perfino le vecchie "sezioni" dove la sera militanti e simpatizzanti si riunivano e dove spesso arrivava il delegato del partito per impartire lezioni di comunismo; parlava di Marx, del Capitale, del Plus valore, concetti complessi che non tutti capivano bene, ma si fidavano del compagno delegato. Altri tempi, altri volti, altri discorsi. Cose che ormai si vedono solo al cinema.
E già, al cinema, di recente a Venezia è stato presentato l'ultimo film di Tornatore "Baarìa", una storia autobiografica in cui il regista racconta le vicissitudini della sua famiglia di comunisti in Sicilia. Ne parlano tutti i media. Insomma un'occasione per rivedere, almeno al cinema, quelle storie di una volta, con i vecchi proletari che lottavano per la giustizia, l'uguaglianza, il comunismo. Ed il vecchio proletario, con un po' di malinconia, ci fa un pensierino e decide di andare a vedere il film. Ma poi scopre che il film è stato prodotto dalla Medusa, casa di produzione cinematografica della famiglia Berlusconi. Occacchio, e adesso? Anche questo è un bel problema di coscienza. Vado o non vado? Se vado a vederlo è come regalare dei soldi a Berlusconi. Non sia mai detto, sarebbe inaudito, quasi un'ignominia. Ed ecco che il vecchio proletario, assillato, negli ultimi decenni, da dubbi di ogni genere, anche quando vorrebbe concedersi un po' di svago con una serata al cinema, si ritrova davanti ad un nuovo dilemma.
Ma sono tempi duri per i comunisti di oggi. Il film di Tornatore infatti non ha superato la selezione per le candidature all'Oscar riservato ai film stranieri.
Peccato, un'altra sconfitta.

No Change

Guardo agli Usa e penso all'Italia.
Nel primo anniversario dell'era Obama, si può dire che un conto è fare comizi, un conto è comandare. Un conto è criticare Bush, un conto è governare gli Stati Uniti.
Perché poi, nei fatti, al di là degli annunci che tanto piacciono agli zucconi italiani, la sostanza rimane ben diversa. Ed è una sostanza che è simile, molto simile, a George W Bush.
Perché Guantanamo è ancora lì, aperta, ha aumentato il budget a disposizione del Pentagono, ha lo stesso ministro di Bush, come i generali, sempre loro.
E gli Stati Uniti sono ancora in Iraq, esattamente come con Bush (non se ne è andato un soldato, e per fortuna.
E in Afghanistan? Ha aumentato i soldati (il triplo). Inoltre, nel silenzio internazionale di tutti i media bombarda ogni giorno il Pakistan (con morti). Obama è in guerra, più di Bush.
Nella notte, inoltre, è arrivata la ciliegina sulla torta del primo anniversario: i democratici hanno perso il Massachusetts, storica roccaforte progressista. Ha vinto un repubblicano. E ora rischia di ridimensionare seriamente la riforma della sanità.
Insomma, No-alla-guerra e sanità-per-tutti, che erano i cavalli di battaglia dei comizi di Obama, oggi, dopo un anno, non c’è stato nessun change.
Io spero ancora, ma la rappresentazione in carne e ossa del cambiamento e della speranza, per il momento non è riuscito a venire a capo dei poteri forti.

Processo Breve

Ecco cosa prevede il ddl 1880, emendato dal relatore Giuseppe Valentino, dal titolo “Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali”:
DURATA MASSIMA PROCESSI PENALI - I procedimenti per reati con pena fino ai 10 anni potranno durare al massimo tre anni in primo grado, 2 in appello e un anno e sei mesi in Cassazione.
In caso di annullamento della Cassazione con rinvio al Tribunale o in appello si prevede un anno per ogni grado di giudizio.
Per i processi per reati con pena pari o superiore ai 10 anni, la norma prevede un tempo di 4 anni per il primo grado, 2 per l'appello e 1 più sei mesi per la Cassazione.
Per quanto riguarda i processi per reati di terrorismo e mafia, infine, i termini di durata salgono a 5 anni per il primo grado, 3 per il secondo e 2 anni per la Cassazione, con facoltà del giudice di prorogare questi termini fino a un terzo in più nel caso si tratti di procedimenti molto complessi e con elevato numero di imputati.
Le norme sul processo breve saranno applicate anche ai recidivi: La ragionevole durata del processo è un principio costituzionale che vale per tutti, censurati e incensurati; vi è l'obbligo da parte dello Stato di imporre che i tempi del processi siano adeguati alla gravità del fatto e non alla personalità del reo.
Comunque resta nella facoltà dell’imputato la possibilità di non avvalersi dell’estinzione del processo
Le disposizioni previste dal ddl sul processo breve non si applicheranno ai giudizi di appello alla Corte dei Conti.
La norma si applica ai processi in corso, ed ai reati commessi fino al 2 maggio 2006.

Ho seguito con attenzione le dichiarazioi finali in aula al Senato e, in particolare, mi ha colpito il discorso della Finocchairo: "Con il processo breve decretate la fine di migliaia di processi penali e quindi ci sara' una denegata giustizia per migliaia di cittadini"..... "Fissate in due ore la durata di una tratta ferroviaria, ben sapendo che la vecchia locomotiva potra' farcela solo in tre ore"...
Un discorso molto accorato, teso a dare al cittadino una giustizia giusta, teso a discutere di provvedimenti che accelerino i processi piuttosto che a mettere dei limiti impraticabili.
Quasi quasi mi convinceva che questa norma è proprio un ammazza processi che porterà alla rovina della giustizia.
Poi continua "Con questo, la maggioranza approva un altro provvedimento destinato a incidere su di un procedimento penale a carico del premier".... "Siamo stati accusati di essere ipocriti e insinceri perche' in precedenti legislature avevamo presentato proposte analoghe. In precedenti legislature, appunto."
E allora ho capito tutto: Il Pd l'avrebbe definita una giusta norma, anzi opportuna, se solo non avesse inciso sui procedimenti a carico del premier. Tant'è che loro, nella preceente legislatura avevano presentato una proposta dallo stesso titolo e dallo stesso contenuto.

E quelle parole accorate della Finocchiaro? parole, appunto.

martedì 19 gennaio 2010

Siamo tutti ciechi?

Quelli del PD hanno provato in tutti i modi a far fuori Niki Vendola, ma lui ha resistito stoicamente ed alla fine l'ha spuntata: in Puglia si faranno le primarie per decidere chi sarà il candidato alle regionali per la coalizione del centrosinistra.
Se sarà Boccia, si potrà dare il via al disegno di D'Alema-Bersani di allearsi con l'Udc a livello locale, come laboratorio per una coalizione a livello nazionale; se invece sarà Vendola, l'Udc ha più volte detto che non farà alcuna coalizione con il PD.
Bene, questa è vera democrazia, decide il popolo. Se lo lasciano decidere.
Ma, guarda caso, proprio stamane, come è successo a Cosentino (candidato del PdL in Campania), tutti i quotidiani riportano che Vendola sarebbe iscritto nel registro degli indagati nell'ambito delle inchieste sulla sanità pugliese. "Concussione" il reato ipotizzato.
La vicenda in cui è coinvolto Vendola riguarda un posto da primario nel reparto di Neurologia dell'ospedale Acquaviva delle Fonti.
Ma posso fare a meno di notare la tempistica dell'iniziativa giudiziaria, che giunge in piena campagna elettorale, a soli cinque giorni dallo svolgimento delle primarie del centrosinistra, fortemente volute dal solo Vendola.
Ma il governatore uscente non ci sta e in una videolettera sul suo sito internet, www.nichivendola.it, collega la presunta sua iscrizione nel registro degli indagati alla "settimana delle primarie", ad una lotta politica che si svolge "su tanti piani", ad un "intero anno in cui sono andati in scena tentativi di colpirmi". E fa sapere ai suoi "nemici" che non intende sparire, che anche se fosse indagato, "non mi scalfisce questo atto". Si sente "sereno" e "con la coscienza a posto".
Nel video racconta ai cittadini pugliesi quella che definisce una storia di "buon governo". "Incredibile che possa essere capovolta", è "difficile immaginare di poter essere iscritto nel registro degli indagati per qualcosa per cui pensavo di dover essere lodato". Il Professor Logroscino, infatti, "è uno scienziato di fama mondiale, associato all'Università di Harvard. Un pugliese, che per poter esprimere il proprio talento, è emigrato lontano dalla propria terra". In una Italia "in cui puoi diventare primario anche se sei ignorante come una capra, purché ben protetto dai partiti, noi - rivendica Vendola - abbiamo costruito una storia differente: venire qui, tornare in Puglia, portando con sé il peso della propria fama e del proprio prestigio scientifico".
http://www.ilsussidiario.net/articolo.aspx?articolo=62260

sabato 16 gennaio 2010

Affinchè ingiustizia non si ripeta

E' finito il calvario giudiziario di Calogero Mannino, iniziato con l'avviso di garanzia a lui notificato il 24 febbraio 1994. Sedici anni.
L'ipotesi di reato a suo carico fu quella di concorso esterno in associazione mafiosa. Con questa accusa si è fatto nove mesi di carcere "preventivo" e poi altri tredici agli arresti domiciliari per motivi di salute. Il processo di primo grado dura sei anni, 300 udienze e coinvolge 400 testimoni, per portare all'assoluzione. Ma la procura ricorre in appello, che ribalta la sentenza con una condanna a cinque anni e quattro mesi. La Cassazione dispone però di rifare il processo: da allora arrivano altre due assoluzioni, ma la procura fa sempre ricorso, ma ieri è arrivata la parola "fine" dalla Cassazione.
Cosa dire? Basta riportare solo le parole di Mannino: "Hanno portato via un pezzo della mia vita".
Avrei voluto sentire un commento dell'Anm. Ma loro sono troppo occupati a giocare a tennis ed a divulgare che sono "Fermamente intenzionati ad adottare misure efficaci e anche estreme di mobilitazione" contro chi osa solo pensare di cambiare questo stato di cose.....

Vorrei, per i corti di memoria, ricordare che i giudici devono applicare, talvolta interpretare, ma di sicuro non inventare le leggi.
Dico questo perchè l'avvocato Mills è stato condannato per aver reso falsa testimonianza in un processo che vedeva coinvolto Berlusconi. In pratica i pm ritenevano che Berlusconi avrebbe dato 600.000 euro a Mills per testimoniare il falso. Questa testimonianza avveniva nel 1999, ma il giudice è stato convinto dal pm che il reato è stato commesso solo nel 2000 quando la moglie di Mills ha ritirato i soldi in banca.
E' come se io rapisco una persona, richiedo ed ottengo i soldi del riscatto; ebbene, per quel giudice io non ho commesso alcun reato finchè non inizio a spendere i soldi.
Perchè il giudice fa tutto questo? per il semplice motivo che se lui avesse applicato la legge, il reato sarebbe stato prescritto.
Ora mi dite come faccio ad avere fiducia della imparzialità di questo giudice, che si INVENTA una legge per condannare una persona? Come faccio a far credere a questo giudice che l'avvocato Mills "é stato l'avvocato" di Berlusconi, che ha gestito alcuni suoi affari e che quei soldi erano il compenso del suo lavoro?

giovedì 14 gennaio 2010

Muppets Show

La attuale capienza carceraria è di circa 55.000 detenuti, ma ora, a pochi anni dall'ultimo indulto, ce ne sono più di 66.000.
Alfano ha presentato il piano carceri. Eccolo in 4 punti:
-Il primo prevede la dichiarazione dello stato di emergenza fino al dicembre 2010, periodo entro il quale dovranno essere realizzati 47 nuovi padiglioni all’interno delle carceri attuali.
-Il secondo ’step’ consiste nella costruzione ex novo di istituti carcerari. Quanto ai fondi necessari, Alfano ha ricordato di “aver reperito 500 milioni” nella legge Finanziaria e “altri 100 milioni” sono stati presi dal bilancio del ministero della Giustizia
-I terzo punto tende ad alleviare il problema del sovraffollamento con gli arresti domiciliari per i detenuti con pene inferiori ad un anno e con la cosidetta “messa alla prova”.
-Il quarto prevede l’aumento degli organici della Polizia Penitenziaria di 2000 unità.
Ovviamente, per l'opposizione non va bene. e Perchè?
Ecco il Bersani-pensiero: "C'e' una cosa che mi turba un po', perche' il ministro ieri ha parlato di misure straordinarie. Non vorrei che su un piano di questo genere si pensasse di procedere per ordinanze che bypassassero tutte le procedure concorsuali. Bisogna essere molto cauti, noi saremo contrari. Abbiamo un nostro modo di intendere questo piano carceri che prevede ristrutturazioni". Lui si preoccupa della procedura...
Ecco il Finocchiaro-pensiero: ''Guardero' con attenzione il piano che ancora non conosco, ma la questione della pena carceraria deve essere affrontata in maniera moderna cioe' non solo con una forma di detenzione per tutti: servono circuiti diversi, vedi il 41 bis per i reati di mafia piu' gravi. Quindi, per reati meno gravi servono altre forme di custodia attenuata''.
Ecco il Di Pietro-pensiero: “L’emergenza carceri esiste, ma il piano del governo è una bufala... il piano è un indulto mascherato".
Casini non si è espresso.
Se questi stessero al governo, su cosa concorderebbero?
........intanto ieri ottantaquattro persone sono finite in manette, tre organizzazioni sono state sgominate all'interno di un'operazione antidroga che ha coinvolto sei regioni. Ma in carcere non c'era posto per tutti i detenuti: "Le strutture sono piene". Leggete questa realtà, dove il procuratore Vincenzo D’Agata ha spiegato: "Per permettere la detenzione in prossimità di Catania e consentire così ai gip di effettuare gli interrogatori di garanzia degli arrestati abbiamo dovuto suddividerli tra le carceri di Siracusa, Augusta, Ragusa, Enna e Caltanissetta".
http://www.ilgiornale.it/interni/catania_arresti_droga_ma_carcere_e_pieno/caraceri-posto-arresto-catania-blitz/14-01-2010/articolo-id=413798-page=0-comments=1

Un ambientalista intelligente

“Oggi costa di più produrre un kilowatt con l’energia rinnovabile che con il petrolio”, ha riconosciuto Zapatero ed il 23 dicembre il consiglio dei ministri spagnolo ha approvato un disegno di legge che permette di prorogare la vita delle centrali nucleari oltre i 40 anni.
La misura determina un palese dietrofront rispetto alla politica del “nucleare, no grazie” portata avanti dal presidente socialista che aveva strombazzato la chiusura delle 8 centrali spagnole dopo 40 anni di esercizio.
Ora, siccome si avvicina la data di dismissione del primo degli 8 reattori attivi in Spagna, che compierà i 40 anni nel 2013, Zapatero corre ai ripari e ne proroga la vita.
Zapatero ha quindi dovuto fare i conti con la realtà dei fatti. Ed i fatti sono questi: L’80 per cento dell’energia che consuma la Spagna è importata, rendendola un Paese fortemente dipendente dall’estero. Nonostante sia al secondo posto in Europa per l'uso delle energie rinnovabili (eolica e fotovoltaica), questo tipo di produzione energetica continua ad essere troppo cara rispetto a quella nucleare e l’economia spagnola, come quella di tutti i Paesi europei, è stata talmente colpita dalla crisi economica che non può permettersi di accettare prezzi più alti per l’elettricità; ciò comporterebbe una perdita di competitività e, quindi, l’ennesimo colpo per l’occupazione in Spagna che, intanto, ha già raggiunto il 19 per cento, il dato più alto nell’Ue.
Capito?
E in Italia?
Anche in Italia la produzione delle energia eolica (quelle con le pale, per capirci) ha un costo maggiore rispetto alla produzione dell'energia dal petrolio, anzi, ha un costo maggiore anche rispetto all'energia cheda essa si produce. Si, avete letto bene.
Queste aziende stanno in piedi solo grazie ai soldi che vengono sovvenzionati dallo Stato (cioè da noi) come incentivi a creare aziende eoliche. Così era la legge originaria, poi, accortisi che senza gli incentivi di partenza queste aziende non potevano sopravvivere, nell'ultimo governo Prodi, con Pecoraro Ministro, è stata fatta una leggina per cui gli incentivi si rinnovano alla scadenza in maniera automatica, basta che l'azienda mostra un piano di manutenzione degli impianti.
In sintesi, in Italia, dove l'energia già costava il 33% in più rispetto alla media europea (a causa della scelta referendaria che decretò il no al nucleare), ora ci costa ancora di più grazie ad altre scelte sbagliate.
Mi viene da dire che in Italia ci sono gli ambientalisti con le pale, mentre in Spagna ci sono gli ambientalisti con le palle.
Nessuno infatti si è incatenato nè è salito sul tetto di un edificio spagnolo (una moda tutta italiana) per manifestare contrarietà al decreto di Zapatero, anzi, i giornali locali titolano: un ambientalista intelligente.

Per chi....macina odio

Il Fatto Quotidiano continua a mostrare di essere il palcoscenico cabarettistico personale di Marco Travaglio e della sua banda di intrattenitori del pubblico risentimento.
Non c'è passatempo migliore della lettura quotidiana del Fatto per chi macina odio come carburante sociale, per chi prova il gusto anche macabro del dileggio, per chi coltiva l'astio più nero e irrecuperabile.
Oggi, in prima pagina c'è Craxi, e uno s'aspetta, dopo dieci anni, l'ombra dell'appagamento dovuto almeno al ricorrere della scomparsa del nemico, ma niente, l'odio di Travaglio è sempre lì che brilla tirato a lucido ogni giorno.
Ma c'è ovviamente dell'altro: sul Fatto Quotidiano esiste sempre l'equazione semplice semplice: non può esserci riscatto per Craxi per il semplice motivo che Berlusconi è il suo erede, il prosecutore delle sue nefande prodezze, "il degno compare che l'ha sostituito a Palazzo Chigi", dice Travaglio nello stesso articolo. I due hanno cominciato insieme e insieme devono finire.
E Paolo Flores D'Arcais, sempre sul Fatto Quotidiano, chiude il cerchio. Per Flores Berlusconi sta uccidendo la democrazia in Italia. E chi è rimasto a difenderla in una disperata ma tenace resistenza: "le manifestazioni di piazza e il caparbio eroismo della magistratura".
Berlusconi può scegliere: o in galera grazie all'eroismo dei giudici, o come disse De Magistris (un altro compare), gli garantiamo l'esilio.

martedì 12 gennaio 2010

Cornuti a mazziati

La vicenda di Del Turco non può chiudersi così.
Tutti i giornali hanno dato spazio alla notizia dell’inesistenza di prove a carico dell’ex governatore dell’Abruzzo.
Del Turco giustamente ha sottolineato la viltà del Pd che non lo ha difeso.
Ma, oltre allo spazio sui giornali, chi ridarà la possibilità a Del Turco di riprendersi quello che gli è stato tolto? chi ridarà il governo che avevano eletto alle centinaia di migliaia di elettori che sono stati truffati da una partita giocata con l’arbitro a sfavore? chi darà il posto di lavoro alle centinaia di persone che lavoravano alle cliniche ed ai laboratori di analisi che non hanno avuto più un soldo dalla regione?
E invece queste persone sono proprio ignorate sia dal nostro sistema che dalla opinione pubblica, anche da quella parte adusa a scendere in piazza per ogni starnuto.
Cornuti e mazziati.

Io pago, e tu?

Il tema della riduzione delle tasse è una delle promesse disattese dai precedenti governi Berlusconi. Lui lo aveva promesso nel 1994, e poi nel 2001, e poi nel 2007 ma ormai non se ne parlava proprio più.
Adesso Berlusconi inaugura l'anno con queste parole: «Il punto di partenza è il progetto del 1994, con due aliquote irpef: una al 23% e una al 33%. Con il ministro dell'Economia stiamo studiando tutte le possibilità per arrivare alla fine a questo sistema».
Io non so come andrà a finire ma spero che non sia solo una promessa per le elezioni regionali di marzo, perchè il nostro sistema fiscale necessita di essere veramente ristrutturato.
Attualmente le tasse le pagano solo i lavoratori dipendenti ed i pensionati, e pagano tantissimo per il semplice motivo che il sistema di tassazione dei commercianti e dei professionisti non è altrettanto efficace, consente margini elevati di elusione e di evasione, e fa mancare allo Stato il gettito atteso.
L'altro problema da risolvere è quello di liberarci dalla visione redistributiva del fisco. Attraverso le tasse si pretende di realizzare la giustizia sociale, trasferendo i soldi dai ricchi ai poveri. Obiettivo giusto, se non fosse che il tramite è lo Stato ed allora ai poveri non arriva nulla.
Ripeto, io non so come andrà a finire con questa ennesima promessa berlusconiana ma, se risolvesse i due problemini esposti............

domenica 10 gennaio 2010

Rosarno in provincia di Treviso

Tutti sanno cosa è sucesso a Rosarno, il popolo di facebook incita anche allo sciopero dei clandestini.
Nessuno conosce cosa è successo in provincia di Treviso.
Leggetelo qui:
http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=87093&sez=ITALIA

sabato 9 gennaio 2010

Ne sentivamo la mancanza

Adesso anche il Popolo Viola, quello del "No B-day", prende la strada di costituirsi come movimento politico o addirittura di partito.
Quando manca una forte leadership, come avviene oggi a sinistra, allora accade che si creano partiti, partitini, movimenti e circoli che non faranno altro che indebolire i partiti parlamentari: il Pd, l'Udc e l'IdV.
E’ infatti in programma la prima riunione nazionale dei referenti locali del movimento che, lo scorso 5 dicembre, diede vita a Roma al secondo «No Berlusconi day».
Nel corso della riunione - annunciano gli organizzatori - saranno discusse «le future iniziative e le proposte riguardanti le modalità operative dei gruppi locali e della dimensione unitaria nazionale. Al centro della discussione, inevitabilmente, la valutazione della possibilità di dare vita ad un vero e proprio partito politico e di presentare liste civiche viola per i prossimi appuntamenti elettorali, a cominciare dalle elezioni regionali che si svolgeranno a marzo.

la rivolta clandestina

Ho qualche difficoltà a scrivere dei fatti di Rosarno perchè questa rivolta "clandestina" racconta il disagio e la depressione di un popolo sommerso, apparentemente silenzioso, incapace di esprimersi attraverso il linguaggio della politica e mi mette in condizioni di vergognarmi del mio Paese.
Non fraintendiamo, nessuna violenza troverà mai una mia giustificazione, ma essa avrà pure la sua spiegazione. E questa volta, io ritengo che è tutta colpa dello Stato.
Immaginate degli esseri umani che abbandonano la terra d'origine per finire in un centro di identificazione ed espulsione o, se la fortuna quel giorno è dalla loro parte, in mano ai caporali della criminalità organizzata nel nostro BelPaese.
E per cosa? Per nulla. Solo per lavorare nei campi e migrare in base alle coltivazioni, scavare la terra italiana, e per di più farlo senza tutele né contratti. Sfruttati come bestie, retribuiti come scarti umani, trattati come macchine senza anima né corpo. Venti euro al giorno, cinque al caporale, e la notte un letto improvvisato negli accampamenti delle baraccopoli dimenticate, negli angoli più bui dei casolari periferici senza acqua, nè gas, nè elettricità, nè wc.
Per il Palazzo non esistono, sono solo fantasmi. Hanno lasciato il loro Paese per finire nelle mani di un Paese triste, vigliacco e perfino incapace di essere chiaro, tanto da farci perdere la dignità ai loro occhi.

Lasciamo stare l'analisi della genesi di questo fenomeno, lasciamo perdere gli errori del passato, l'immigrazione è un fenomeno che andava e va gestito con continuità e, se abbiamo persino avuto un Ministro della Repubblica (Ferrero) che si è autodefinito "il ministro dei clandestini", non ci possiamo lamentare se oggi questo fenomeno, molto diffuso e non gestito ha portato a degrado, violenza, illegalità e criminalità.
I politici continuano a parlare di "tolleranza zero" o di "solidarietà". Ma il Paese attende una risposta a questo esercito di clandestini: Gliela vogliamo dare? Abbiamo le risorse e la volontà per rispondere ai loro bisogni? Sì, no, forse? Ma serve una risposta chiara!!!!

C'è urgente bisogno che la politica non scelga di essere nuovamente vigliacca sul tema. Lasciamo agli uomini di spirito il compito di fare gli educatori, lo Stato faccia lo Stato.
O diamo a queste persone le condizioni per vivere in maniera dignitosa, oppure, se non ci lo possiamo economicamente permettere, diciamolo chiaro e tondo.

Venticelli e uragani

L'Italia è veramente un Paese strano, anzi, più che strano mi sembra "a comando" di qualcosa di non ben chiaro.
Mi spiego meglio; se per caso un Veltroni qualsiasi decidesse di intitolare una strada a Craxi, si alzerebbe un leggerissimo venticello che, a stento, farebbe muovere qualche foglia ingiallita, se invece la Moratti fa uno sternuto, si alza un uragano.
Ugualmente, se un Travaglio qualsiasi dice una qualsiasi stronzata, i media la riportano almeno per una settimana, ma se Stefania Craxi, nella trasmissione "In Mezz'Ora", ha letto poche righe di una famosa sentenza di condanna emessa dalla IV sezione penale della Corte di Cassazione contro Bettino Craxi, non se l'è filata nessuno.
Eppure quelle parole, scritte dai giudici di Cassazione, significano che Craxi andava punito semplicemente perchè la sua politica era invisa al potere giuridico.

La sentenza è del luglio 1998 e riguarda il cosiddetto scandalo delle Metropolitane Milanesi. In Appello Craxi fu condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione, cinque anni di interdizione ai pubblici uffici e oltre dieci miliardi di lire di risarcimento alla Metropolitana Milanese. Il reato era quello di corruzione e di finanziamento illecito ai partiti.
Ma il bello viene nella sentenza di Cassazione che conferma il tutto. Ecco cosa vi si legge tra l'altro: "...si può dare atto a Craxi che in questo processo non è risultato nè che abbia sollecitato contributi al suo partito, nè che ne abbia ricevuti nelle sue mani. Ma queste circostanze - che forse potrebbero avere un qualche valore da un punto di vista, per così dire, estetico - nulla significano ai fini dell'accertamento della reponsabilità penale".
Avete capito bene: i supremi giudici riconoscono che non c'era alcuna prova che Craxi avesse corrotto qualcuno o avesse illecitamente finanziato il suo partito (o se medesimo) ma tutto questo viene considerato poco più di una belluria, un elemento decorativo.
Su questa realtà non si levato neppure un alito di venticello, mentre è apparso chiaro che, in realtà, quello che interessava ai giudici era condannare la sua responsabilità politica - il "non poteva non sapere" - e per farlo dovevano farla coincidere con quella penale.
Niente prove dunque, nè verifiche, nè riscontri, ma la semplice e libera convinzione del giudice che Craxi fosse un mascalzone in quanto segretario del Psi.
Ne viene fuori l'immagine di una giustizia che vede insita nella sfera politica il malaffare e per questo si prefigge di contrastarla. Tutto il resto è un fatto "estetico".

In questa sentenza ci sono i semi velenosi dello scontro tra giustizia e politica che ci trasciniamo ancora oggi e da cui sarebbe ora di trovare una via d'uscita: l'idea insomma secondo cui i politici vanno tenuti a bada non per i reati che commettono ma per la politica che producono. Che può anche essere disdicevole, immorale o semplicemente non piacere. Come è successo anche a Berlusconi nel 1994 ed a Prodi nel 2007 che dovettero andare a casa a causa di avvisi di garanzia.
Ma dovrebbero essere gli elettori a punirli e non i giudici.
http://www.youtube.com/watch?v=_eCb9gmTrGA
Dalla deposizione di Craxi risulta chiaro che Di Pietro (allora pm) sapeva che TUTTI i partiti usufruivano di finanziamenti illeciti, ma era Craxi che DOVEVA essere distrutto.

Ma .... mi faccia il piacere

I centristi dell’UdC, quelli della "difesa della famiglia", quelli della "identità cristiana", quelli "forti della loro identità", quelli che "il bipolarismo è finito" si stanno distinguendo solo per una grande spregiudicatezza nelle alleanze regionali, gestite solo da puro calcolo elettorale e non certo sostenute da coerenza programmatica e di valori.
L’UdC infatti si appresta a sostenere in tutte le Regioni italiane candidati diversissimi, di entrambi gli schieramenti. Hanno solo da una caratteristica in comune……Casini ha deciso di sostenere in ogni Regione il Candidato dato per favorito…chiunque esso sia e da qualunque schieramento provenga.
Certo una bella prova di furbizia politica che consentirà a Pierfrego di dire il giorno dopo le Elezioni “ovunque siamo stati determinanti” oppure “la logica del bipolarismo è finita” e cose del genere.
Ma per un occhio un pò più attento è solo una prova di vecchia politica di Palazzo.

mercoledì 6 gennaio 2010

Diciamolo sottovoce

In questi giorni (nel decennale della morte del Segretario del Partito Socialista Italiano Bettino Craxi, morto "esule" o "latitante" in Tunisia, poichè coinvolto nelle indagini di Mani Pulite, dell'allora P. M. Antonio Di Pietro) è montata una polemica nazionale a seguito della decisione del sindaco della città meneghina Moratti, di intitolare allo scomparsao statista una via.
Come se questo atto andasse a delegittimare il lavoro svolto dal pool di mani Pulite.
Ma una strada dedicata a Craxi è già esistente in Italia e precisamente a Trentola Ducenta. paese in provincia di Caserta. Infatti l'amministrazione di centro sinistra, guidata dal Sindaco Nicola Pagano, ha intitolato allo statista un'arteria che dalla principale Via Romaniello porta alla superstrada.

domenica 3 gennaio 2010

cazzata di fine anno

Non sono aduso a fare il copia-incolla, ma questa lettera comparsa su Il Fatto indirizzata al Presidente della Repubblica per chiedere la grazia per Renato Vallanzasca merita di essere letta integralmente per le ragioni che sono state portate a sostegno.
In sintesi,
Il bel René è un assassino da prendersi a modello, perché i poliziotti se li è ammazzati da solo, e in più a viso aperto, mostrando dignità e coraggio, potendo anch’egli finire ucciso nel conflitto a fuoco. Egli è stato un gentiluomo con le signore, ed ha sempre rifiutato di entrare nel mercato della droga. In più, il bel René ha fatto quel che ha fatto perché è un bandito che ha un suo codice d’onore, un codice d’onore che ha le sue radici nel banditismo ottocentesco. Dunque, rappresenta un pezzo della nostra Storia. Guai a lasciare uno che rappresenta la nostra Storia in una squallida prigione!
Ce ne fossero di Vallanzasca! Lui rubava e uccideva con orgoglio, a viso aperto.
Liberiamolo e mandiamolo in giro per il nostro disgraziato Paese ad insegnare, soprattutto ai giovani, soprattutto nelle scuole.
ecco la lettera:
Al Presidente della Repubblica Italiana onorevole Giorgio Napolitano.
Signor Presidente, mi permetto di rivolgermi a Lei con questa lettera aperta per chiederLe di vagliare la possibilità di concedere la grazia al cittadino italiano Renato Vallanzasca, nato a Milano il 4/5/1950, attualmente detenuto nel carcere di Opera.
Il Vallanzasca è stato condannato a due ergastoli e ad altri 90 anni di reclusione per una serie di furti, di rapine, di sequestri di persona e anche di omicidi di agenti di polizia consumati però sempre a viso aperto in scontri a fuoco, potendo egli stesso essere ucciso, e non in vili agguati sotto casa mandando magari altri a fare il lavoro sporco e pericoloso.
Il Vallanzasca non solo ha sempre lealmente ammesso le proprie colpe, ma si è anche addossato in più occasioni (rapine di Milano 2, di Pantigliate, di Seggiano, di viale Corsica) le responsabilità di delitti per i quali erano stati incriminati degli innocenti, dando così un suo contributo, non marginale, alla giustizia.
Del pari non ha mai ceduto al malvezzo, oggi così diffuso anche fra autorevoli e autorevolissimi rappresentanti delle istituzioni, di accusare polizia e Magistratura di "complotto", non si è messo, com'è diventata anch'essa deplorevole abitudine, a cercare prove contro i suoi giudici, non ha mai lamentato torture psicologiche e fisiche per il solo fatto di essere in carcere, né si è messo a fare il pianto greco alla scoperta che una cella non è un salotto. Si è insomma sempre comportato con dignità, dando a vedere di essere consapevole che aveva un conto da pagare alla giustizia e alla collettività.
Eppure la carcerazione di Renato Vallanzasca è stata durissima. Ha passato undici anni in isolamento. Undici anni, signor Presidente, quando ai detenuti di Tangentopoli o similari sono bastati quattro o cinque giorni di questo regime per gridare all'infamia, invocare Amnesty International e per ricattare la collettività minacciando di togliersi la vita. A differenza di altri detenuti che hanno potuto fare della loro cella una redazione di giornale o un set televisivo, a Vallanzasca è stato negato anche il computer (concesso, mi pare, solo un anno fa) e poiché non ha santi in paradiso ha subito più volte botte e pestaggi, mentre i medici che lo avevano in cura venivano intimiditi perché nulla trapelasse.
Solo una volta, dopo vent'anni di carcere di questo tipo, all'indomani di un pestaggio particolarmente brutale , il Vallanzasca, poiché nessuno si levava a difendere i suoi diritti, ha scritto una lettera di protesta. Ma nemmeno in questa occasione si è atteggiato a vittima e a un giornalista che gli chiedeva se fosse stato torturato ha risposto: "Beh, adesso non esageriamo".
Risposta che fa il paio con quella data, dal famoso balconcino, il giorno della sua prima cattura, alla canea sociologicizzante dei giornalisti che, in clima immediatamente post Sessantotto di giustificazionismi universali, gli chiedevano se non si ritenesse una vittima della società: "Non diciamo cazzate" (e già solo per questo, ai miei occhi, meriterebbe di essere liberato).
Una lezione per allora, ma anche per oggi in un'epoca di perdonismi, di "buonismo", di indulti, di amnistie mascherate, di prescrizioni altrettanto mascherate, dove nessuno accetta di assumersi le proprie responsabilità - che sono sempre altrove, nella famiglia, nella società, nel "così fan tutti", nel «perché proprio io?» - come dimostra anche la penosa vicenda di Tangentopoli i cui protagonisti hanno fatto di tutto per mischiare le carte trasformandosi in martiri della libertà, in giudici dei loro giudici e ad alcuni dei quali, condannati in via definitiva per aver taglieggiato e concusso, vengono ora intitolate vie, piazze e giardini; e quell'altra incresciosa storia, possibile solo in Italia, di un detenuto, condannato per l'assassinio di un commissario di polizia, che ci fa ogni giorno la morale dalle pagine dei più importanti giornali nazionali.
Come Le dicevo, signor Presidente, il Vallanzasca ha una sua etica, sia pur malavitosa. La ragazza Trapani la trattò con garbo e quando le gazzette cominciarono a insinuare che fra lui e la giovane c'era una love story replicò seccamente: «Sono tutte balle inventate dai giornalisti».
Laddove, come Lei, signor Presidente, che è uomo di mondo, ben sa, nella società delle cosiddette persone perbene a domande del genere s'è soliti rispondere con sorrisetti d'intesa e frasi ambigue del tipo: «Non fatemi parlare, sono un gentiluomo». Inoltre, pur essendo nella posizione migliore per farlo, il Vallanzasca si è sempre rifiutato di entrare nel mercato della droga e a questo proposito ha dichiarato: «Non giudico né chi si fa né chi spaccia. Non sono cose che mi riguardano. Ma con la droga non voglio avere nulla a che fare».
Infine, ed è la circostanza più importante, a differenza di altri detenuti, per la concessione della cui grazia, peraltro non richiesta dall'interessato, si levano infinite voci ben più autorevoli della mia, e che hanno scontato una parte minima della loro pena, Renato Vallanzasca è in galera da più di trent'anni. Ha peccato molto, è vero, ma mi pare di poter dire che ha espiato anche molto, dimostrando oltretutto, a differenza di altri, di riconoscere la potestà dello Stato e il suo diritto a giudicarlo e punirlo. È un bandito d'altri tempi, di stampo ottocentesco, quando la malavita aveva regole, dignità e codici d'onore ed era lo specchio rovesciato e malato di una società liberale dove regole e dignità e onore avevano il primo posto.
La malavita di oggi invece, si tratti di mafiosi, di camorristi, di criminalità organizzata, ma anche di raider della finanza, di tangentisti, di concussori, di corruttori (magari anche di testimoni in giudizio), di "colletti bianchi" corrotti, di "ladri in guanti gialli", non ha né regole né dignità né onore. E una malavita senza dignità né onore non può che essere lo specchio e il prodotto di una società senza dignità e senza onore. Tanto è vero che il confine fra malavita e ciò che non lo è si è venuto facendo in questi anni sempre più indefinibile e molti di coloro che oggi sono sotto processo hanno un piede in Tribunale e l'altro nell'imprenditoria, nel mondo finanziario, nella politica, in Parlamento, se non addirittura nel governo e nei suoi vertici.
E non c'è criminale più spregevole di quello che delinque sotto il manto della rispettabilità e proteggendosi con essa. Non c'è immoralità più grande di quella di chi pretende rispettabilità sapendo di non meritarla.
Renato Vallanzasca, al contrario, è sempre stato un delinquente a viso aperto. Oso dire, signor Presidente, che in questo immondezzaio che è diventata la vita pubblica e privata del nostro Paese, fa la parte dell'uomo morale, sia pur a modo suo. È un bandito onesto in una società dove troppo spesso gli onesti sono dei banditi.
Da Il Fatto del 31 dicembre

sabato 2 gennaio 2010

Psico Dramma

Non mi sento troppo attirato da questo tam-tam sul dialogo e, una delle ragioni per le quali non conviene prendere troppo sul serio l'attuale revival di discussioni sulle «riforme costituzionali» è che le trattative sulle riforme sono come i negoziati internazionali: non portano a nulla se l'uno o l'altro dei protagonisti della trattativa è debole e diviso al suo interno. Questa è la situazione in cui versa il Partito Democratico e questa realtà rende il dialogo poco efficace e inaffidabile.
La conclusione del congresso di quel partito non lo ha ricompattato e stabilizzato. Nonostante gli sforzi di Bersani, si fatica a intravedere una linea chiara.
Se Bersani dice una cosa qualsiasi, gli esponenti della minoranza lo rimbeccano immediatamente sui giornali. Il Partito democratico è preda di una specie di «congresso permanente» che loro chiamano democrazia.
Questo avviene anche nei partiti di governo ma, siccome questi sono tenuti insieme dai dividendi del potere, al momento delle votazioni trovano sempre delle convergenze.
A questo scenario si aggiungono le elezioni regionali a marzo.
In Lazio il PD non ha ancora trovato un candidato da opporre a una sfidante fortissima come Renata Polverini, in Puglia la questione Niki Vendola ne sta da tempo logorando l'immagine. La Campania è dta per persa mentre Piemonte e Liguria sono in bilico.
Una sconfitta del Pd testimonierebbe la buona salute di cui continuano a godere i partiti di governo e la malattia che attanaglia il maggior partito di opposizione.
La malattia, a mio modo di vedere, si chiama crisi di identità.
L'amletico dubbio è: rompere con Antonio Di Pietro e allearsi con l'Udc (peraltro determinante in molte regioni) adottando con decisione quello stile di opposizione pacata e responsabile che è nelle corde di Bersani o perseverare in un’alleanza che allontana i moderati ma è fortemente sostenuta dalla minoranza del partito?
Mettere fine all'alleanza con Di Pietro significherebbe attirarsi gli strali, e le consuete accuse di tradimento, di quei mezzi di informazione che campano sull’antiberlusconismo radicale.
Come sempre, quando un partito è tirato per la giacca in direzioni opposte, a prevalere, almeno temporaneamente, è il «centro», in questo caso rappresentato da coloro che ritengono conveniente tenere il piede in due staffe: corteggiare l'Udc e non spezzare il rapporto con Di Pietro.
Ma in politica quelli che tengono il piede in due staffe rischiano molto: rischiano di essere considerati da chi li osserva «né carne né pesce».
Sia per le riforme che per le elezioni regionali, questa è la condizione peggiore che si possa immaginare.
Le riforme infatti necessitano almeno di un anno di trattative e la politica che non dà una chiara identità al partito lo rende non affidabile.
Alle elezioni regionali rischiano di presentare una coalizione in grado di vincere ma non di governare e i cittadini hanno ancora in memoria l'ultimo governo Prodi. Ha vinto ma non ha potuto governare.