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sabato 18 ottobre 2008

Il merito? Lasciamolo fuori.

"Il merito? Ah, ma in Italia non esiste!"
Lo sappiamo tutti, il nostro è il paese delle raccomandazioni, delle clientele, delle famiglie, delle caste, delle corporazioni, delle oligarchie, delle mafie. Un solo dato: l'Italia ha grandissime disuguaglianze tra ricchi e poveri e al tempo stesso è uno dei paesi con la minore mobilità sociale: i poveri da noi restano poveri per sempre e in maniera ineluttabile. Questo sistema sta provocando danni gravissimi al paese, che perde ogni giorno posizioni in uno scenario globalizzato sempre più competitivo.
La carenza di merito nella società italiana sta diventando un tema sempre più urgente, ripreso ogni giorno da stampa, studiosi e comuni cittadini. Mancano però le soluzioni a questo “mal di merito”, il pessimismo prevale sull’ottimismo e la disillusione aumenta.
Quale è il problema per cui questo dramma non si risolve?
Il problema è che questo andazzo, che si è perpetrato per tanti anni, ha creato delle rendite di posizione di partiti, sindacati, enti, organizzazioni e chi più ne ha più ne metta; in pratica un vero esercito di persone interessate a che nulla cambi e che permanga la mancanza di meritocrazia nell’economia italiana che è anche la principale causa dell’incapacità di produrre leader eccellenti sia nel settore pubblico, sia in quello privato. Questi due fattori generano il declino del Paese, i bassi salari e il conseguente calo del potere d’acquisto dei cittadini.
Ora, c’è un ministro che dice che la scuola italiana non funziona. Porta delle cifre: sul numero eccessivo d’insegnanti, sull’eccessiva percentuale assorbita dagli stipendi rispetto al bilancio complessivo, sui risultati modesti degli studenti, sulla discutibile organizzazione della scuola nel Mezzogiorno; evoca poi fenomeni sotto gli occhi di tutti: l’allentamento della disciplina, gli episodi di vero e proprio teppismo nelle aule scolastiche. E alla fine fa delle proposte. Discutibilissime naturalmente, ma la caratteristica singolare dell’Italia è che nessuno, e men che meno l’opposizione, men che meno il sindacato della scuola, sembra interessato a discutere di niente, ma si prepara ad uno sciopero generale.
La realtà che stiamo vivendo è sotto gli occhi di tutti, ma se la racconti in Italia sei contestato. Addirittura l'Economist, http://www.economist.com/world/europe/displaystory.cfm?story_id=12429554 è sostanzialmente in linea con le tesi della Gelmini circa la necessità di riforma della scuola. In particolare, vorrei sottolineare questo paragrafo:
"Secondo Roger Abravanel, autore di un recente libro sulla meritocrazia, il rapporto tra il numero d'insegnanti per ogni cento studenti è uno dei più alti nei paesi OECD. La scuola, in particolare al sud, è stata spesso utilizzata dai politici a fini clientelari e per creare nuovi posti di lavoro. Questo puo' spiegare il motivo per cui, sebbene studino più a lungo e in classi più piccole, gli studenti italiani delle superiori sfigurino nelle graduatorie internazionli. 'Il nord è in media con il resto dei paesi OECD, ma il sud è allo stesso livello di Uruguay e Tailandia"
Mi pare o è esattamente quello che ha detto la Gelmini tempo addietro?
L'hanno lapidata.
Questo problema, in passato l'ebbe anche l'Inghilterra e, anni fa, fu lanciata una delivery unit (“unità di consegna”) per migliorare la qualità e ridurre gli sprechi nel settore pubblico inglese; Quella iniziativa, "imposta" da Tony Blair ai sindacati, ha consegnato ai cittadini i risultati in termini di qualità, efficienza ed economia, e non solo promesse ai cittadini.
Adesso interviene anche il Presidente Napolitano: "Alle riforme non si può dure solo no".
Questi i fatti che producono il seguente risultato altalenante:
La piazza contesta la Gelmini con genitori, professori, bambini, universitari, e chi più ne ha più ne metta (per il momento non ho visto ancora bandiere di no dal Molin, no TAV, no al Ponte, no Discarica, no Mose, ma c'è tempo), mentre il gradimento degli Italiani per la Gelmini ed il governo aumenta.

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