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martedì 3 giugno 2008

Situazione intrigata

Troppi anni di malgoverno hanno creato troppi intrighi e infiltrazioni.
Anche la morte dell'imprenditore Michele Orsi, sparato domenica mattina a Casal di Principe sta evidenziando imbrogli in quei «maledetti» consorzi di bacino al centro di polemiche, ordinanze e decreti che da anni si accavallano e si smentiscono, in un intrigo a cui ancora una volta ha cercato di mettere la parola fine il decreto Berlusconi.
Sono stati sciolti, ma per il momento solo sulla carta, i cinque consorzi di Napoli e i quattro di Caserta. Erano diventati, e lo ha sottolineato ancora ieri il sottosegretario Guido Bertolaso, un veicolo usato dalla malavita per infiltrarsi nell’emergenza rifiuti. E infatti i bacini di Napoli e Caserta sono al centro di numerose indagini della magistratura. L’indagine ha portato all’arresto, tra gli altri, dei fratelli Sergio e Michele Orsi. A maggio dello scorso anno finirono in manette anche il sub-commissario Claudio De Biasio (che lavorava proprio con Bertolaso per indicazione di Pecoraro Scanio) e Giuseppe Valente, presidente del Ce4. I due avrebbero favorito le ditte dei fratelli Orsi (che frequentavano, invece, la sezione Ds di Orta di Atella) indicati da numerosi pentiti come vicini al clan dei Casalesi.
La vicenda che travolse Ce4 cominciò con un bando di gara che privilegiava le società formate da giovani e da donne. Una clausola che permise agli Orsi di spiazzare l’altra impresa che aspirava all’appalto. Poco prima del bando, infatti, i due formarono una società, la Flora ambiente, amministrata dall’allora ventunenne Elisa Flora, figlia di Sergio Orsi. L’impresa, che non aveva alcuna attrezzatura, creò un’associazione temporanea con aziende che avevano, invece, i mezzi per operare. Vinse la gara e si aggiundicò il servizio guadagnando (illecitamente secondo i giudici) più di dieci milioni di euro, nove solo vendendo al commissario un pacchetto azionario a un prezzo enormemente superiore al valore reale. Una bomba che portò al commissariamento di Ce3.
Al centro delle polemiche ci sono stati anche i criteri di assuzione. Quanti siano i dipendenti dei diciotto bacini creati da una legge regionale del ’93, nessuno lo sa con precisione: qualcuno parla di 1200, qualcun altro alza la cifra fino a 1400. Sono entrati nei ranghi anche 2300 ex Lsu che dovevano lavorare alla differenziata mai decollata e che quindi hanno fatto poco e niente, ma sono stati sempre pagati costando circa 55 milioni di euro all’anno. E molti sono stati assunti perché iscritti in liste di disoccupazione compilate grazie a un accordo trasversale tra le forze politiche, come sostengono i giudici che hanno indagato su molti leader dei senza lavoro.

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