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giovedì 29 maggio 2008

Il Divo

Il messaggio è chiaro: questo potere della Dc, incarnato da Andreotti per circa 50 anni, noi lo odiamo e lo vogliamo rappresentare colluso con la mafia.
Ancora: se i magistrati che volevano riscrivere la storia d’Italia (l’ordinanza di rinvio a giudizio di Andreotti a Palermo, firmata dall’allora procuratore capo Giancarlo Caselli, venne effettivamente pubblicata in un volume intitolato “La vera storia d’Italia") non ci sono riusciti, a noi, con i mezzi di suggestione che ci danno il grande schermo, chi ci ferma? Qui si mischia realtà e surreale e, alla fine del film, chi vorrà sarà libero di pensare che Andreotti un po’ mafioso deve esserlo stato per forza. Anche se è stato assolto. E magari avrà pure fatto ammazzare Pecorelli.
E in effetti sin dalle prime riprese si capisce che per la trama si deve dare per scontato che la Dc di Andreotti stia dietro la strategia della tensione e delle stragi, da piazza Fontana in poi. E che Moro doveva essere ucciso per volere degli americani. E che la P2 governava l’Italia con l’aiuto dello stesso Andreotti e di Berlusconi e che tutti i delitti irrisolti degli anni ’70,’80 e ’90 devono per forza avere avuto dietro la “manina” del gobbo malefico. Che viene reso appena più umano dalle sue stesse battute recitate con mastria da Servillo.

Quindi, se si perde nelle aule giudiziarie si può ottenere una rivincita nelle sale cinematografiche.
L’operazione è semplice quanto geniale: un regista di grande valore come Paolo Sorrentino si presta a consegnare all’immaginario di tantissimi spettatori un ritratto di Giulio Andreotti esattamente corrispondente a quello tracciato dai pentiti di Cosa Nostra. E si mostra come vero ciò che per dieci anni i pm palermitani hanno voluto credere come vero, a partire da Giancarlo Caselli in giù, che hanno poi sostenuto in giudizio l’accusa per mafia contro di lui. Ma lui è stato assolto.
E infatti lo stesso Paolo Sorrentino, nelle innumerevoli conferenze stampa tenute sia a Cannes sia a Roma non ha fatto mistero di considerare Andreotti come un “criminale” e di avere voluto fare il film solo per consegnare alla storia il famoso bacio tra Totò Riina e Giulio Andreotti che nella realtà nessuno riesce a immaginare come possa esserci stato.
Un film militante ed ideologico che arriva dove non può la magistratura.

Io avrei unom spunto per il regista: circa 30 anni fa un'amica di mia madre mi raccontò una storia, mi disse: nell'agosto 1949 mi trovavo in una trattoria nei pressi di Taormina e vidi molte macchine blu e chiesi al proprietario (che poi diventò un mafioso e poi pentito) che cosa stava succedendo e lui mi disse: c'è una riunione tra il boss dei boss Totò Riina con il presedente Andreotti e con il presidente di mediaset e di forza italia Berlusconi. Ci possiamo fare un film e lasciare alla storia questo memorabile incontro?

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